Controvento

Conto gli ombrelli rotti dopo ogni temporale,

ti sveglierà il mio battito cardiaco pesante

un sorriso così straniero che non riuscivo a parlarne la lingua

il viso rivolto verso l’alto, gli occhi chiusi

immobili come gargoyles, fragili come mantidi religiose

il clangore del metallo di una grata ribaltata ha riempito l’aria come un fumetto tra le nostre facce.

Il modo in cui scivolano le dita tra i tasti del pianoforte,

il sussurrare incantesimi al mio orecchio mentre sonnecchio.

L’impronta dei tuoi passi nella neve.

Le mani sullo specchio ad asciugare il vapore.

Quell’odore di pelle che trovo nascosto nel tuo collo: l’ombra del pisolino del tardo pomeriggio

che sale e scende, si alza e cade contro le mie lenzuola, lasciando tracce di te in ogni federa

le nuvole che sono arrivate mentre non stavo guardando.

Inseguiamo e bracchiamo poesie e significati

ma quando troviamo le parole

sappiamo riconoscere la voce che le pronuncia?

Whoever I am

Ho combattuto con le mie nocche bianche come stelle,

apro il palmo della mia mano e le mie linee di vita sembrano rami di un pioppo sfinito.

Ci sono cose che sappiamo a memoria,

e cose che non sappiamo.

Tutti abbiamo diversi motivi per dimenticare di respirare

ma i miei polmoni ricordano il giorno in cui mia madre prese la mano e se la mise sulla pancia.

E sapevo che la vita avrebbe tremato come la prima lacrima su una guancia indurita.

Stiamo tornando

come una promessa all’oceano che continueremo sempre a muoverci verso la musica.

Bellezza, prendimi sulla tua lingua.

Tuono, squarciami.

So che le nostre ferite sono profonde come l’Atlantico

ma ogni oceano ha un litorale

e ogni costa ha una marea

che ritorna costantemente per svegliare la musica nelle nostre ossa,

per mettere un bacio impavido sulla foce di quel fiume coraggioso

che deve attraversare il centro dei nostri cuori per trovare la strada di casa.

Una scorciatoia nell’universo

Dicono che disponiamo di almeno 14 sensi e quando siamo a contatto con la natura

e si risveglia la nostra essenza animale si attivano tutti.

Una tendenza anosmica

“come una vecchia strada in cui il Tempo, ormai alle porte del deserto, ha scritto la brusca fine del nostro mondo”

un arabesco ragniforme in cui identificare la vita.

Pietà per le pupille

attraversami il corpo come un’onda luminosa

anche qui è passato il fuoco

curvavi le unghie attorno alle mie costole ossute come se stessi sbucciando un’arancia appena colta.

L’arcobaleno, a spiegarlo perde la sua magia,

vendersi al peggior offerente e una notte indovinare il mistero celato dall’alba:

“Che persona sei?”

“Una persona che ha il coraggio di piantare tutto per uno sguardo”.

Vastità bianche

Vengo da un regno estraneo,

vengo da un’isola illuminata,

vengo dagli occhi di una donna.

Discendo attraverso il giorno, pesantemente.

Musica perduta mi accompagna.

Una pupilla carica di frutta si addentra in ciò che vede.

La mia fortezza,

la mia ultima linea

la mia frontiera con il vuoto,

oggi ha ceduto.

Rafael Cadenas

In stato d’assedio

Oxcarbazepina omne in die.

Ti sei liberata da un sogno e hai detto:

Sono andata dove va l’edera in inverno,

e per lo stesso motivo.

Il mio corpo trova specchi e ride di me,

una curva accennata che sega la spina dorsale,

il deserto attorno alle anche,

una giungla nelle mie tonsille.

Il mio sangue un mantello rosso, mai indossato là fuori.

.. already am, always was, and I still have time to be...

Fou de love

Vieni a trovarmi nella buona luce.

Vieni a dirmi cosa racconta la verità.

Vieni a tormentarmi.

Colpiscimi come un fulmine.

Vieni a leggere ad alta voce ciò che non riesco ancora a pronunciare della mia stessa vita.

Vieni più saggia del passato.

Vieni con tutti i tuoi fantasmi.

Vieni a mani vuote.

Vieni piena di rimpianti.

Vieni a contare fino a dieci con gli occhi chiusi.

Vieni a trovarmi nascosto nel posto in cui so che guarderai per prima.

Vieni a promettermi il mondo.

Fidati di me per fare del mio meglio anche quando non lo faccio.

Rendimi migliore di come ero.

Mi faccio male con la nostalgia.

Vieni ad insegnarmi un modo più gentile di dire il mio nome.

Lasciami condividere la tua tempesta.

Metti a tacere il meteorologo quando prevede brutto tempo.

So quanto pesa il dolore di questo mondo

ma posso ancora inclinare la bilancia nella direzione della luce

ogni volta che ho il tuo nome sulla lingua.

Ciò che è e ciò che sarà sempre tuo è il suono del mio cuore finalmente aperto.

Nella buona luce, e nello sciopero della luce,

resta accanto a me

finché non trovo i tuoi primi capelli d’argento nella nostra vasca.

James Whistler – Nocturne in black and gold

Waiting for you in the sun

Il riflesso pallido della sfera appoggiata sul ramo di un albero di natale vecchio quasi quanto chi lo guarda.

E’ una stagione fredda e lascia il segno sul viso, sulla rotondità delle mandibole quasi costrette per inerzia ad aprirsi:

occhi dentro scatole di cartone e forme squadrate di capanne, profili di monti e luci intermittenti o scolorite.

In un attimo, e accade spesso, ripensi alle feste di spietata gioventù:

i sorrisi e i canti ad una sola voce, l’odore delle candele, le sciarpe come spire di serpenti

a soffocare ed incantare,

tovaglie colorate e troppo zucchero sulle gengive e sulle dita dei bambini:

battibecchi e maglioni in cui nuotare, guardare dai finestrini le scie delle stelle,

immaginarne l’esplosione miliardi di anni fa,

contare i fagioli e nascondersi sotto il tavolo, un uomo parla alla televisione e forse vorrebbe essere altrove, io ti stringo le mani ed il tuo tocco ogni secondo sembra una foglia che si increspa,

scricchiolii di sedie e detonazioni vocali, consuntivi e lettere da custodire,

un telescopio per cercare un mistero in cielo,

forse lassù, certo lassù hanno bisogno di ascoltarci meglio.

Accade,

come ogni cosa quando innalza la ciclicità e la rende un valore:

il tesoro custodito, scartare pezzi di cuore senza uno scontrino per il reso,

mentre le mani hanno moti di calore e qualcosa trema, nella voce e in una stanza buia.

Ogni anno sperare e poi lasciarsi sperare,

per ogni tuo bacio questa attesa è la cosa migliore

e quell’attesa ancora vale il senso di tutto.

Il riflesso di un riflesso …

Il ruggito della farfalla

Chissà se è un fiume la quantità di sangue

che scorre nelle vene degli elefanti?

Nel luogo recente ho trovato l’anima mia.

Riflessi idrici nascondono l’uovo della salamandra.

Le rime degli alberi consigliano il mio cuore.

Tutto posso vedere

ora che ho visto senza occhi.

Come poter trovare

grandi spazi

nei grani di sabbia.

Il vento potrei aspettare

per farmi portare

dove non smette mai

di esistere il pensiero.

Troverò il fuoco

se saprò ascoltare

il mio cuore.

E’ qualche tempo

che non brucio,

avverto solo piccoli fuochi

che non scottano.

Alberto Casiraghy

Maestrale

Bussola distratta, un nord senza padroni.

Carne, cartilagine e sangue.

Un fantasma nella grondaia, il corpo affittato da suoni stranieri, il mare bruciato.

La lucciola odia le mani che l’hanno intrappolata o il barattolo di vetro in cui è costretta a morire?

Vive abbastanza a lungo per scegliere?

La voce ritorna, ad immaginare un tamburo senza freni.

Lascio scivolare nella stanza questa ombra che non posso nominare.

Camminare circospetti, a tentoni, sentinelle nel buio.

Senza prospettiva, senza favore di vento.

Riconoscere “la profondità dell’illusione”.

Se fossimo nati per restare nel luogo in cui abbiamo visto la prima luce,

non avremmo piedi ma grovigli di cellule meristematiche di cui sono composti le radici degli alberi.

Cos’altro c’è da sapere sotto la volta celeste?

E’ un peccato avere ancora mani vive e quasi più niente che valga la pena toccare.

Vorresti così tanto rinascere, risentirti vivo.

Non porgere l’altra guancia. Urlare. Gridare.

Mostrare loro i tuoi artigli.

Essere il mostro.