Prove generali di Diluvio Universale (si prega di non mancare)

Oltre le sbarre e i confini un cerchio in testa e una fogna nel cuore, avviandomi prima che la neve mi arrivasse ai polpacci, che il vino fa effetti devastanti, un tempo si poteva dubitare anche della primavera,

oggi ci resta un amore senza più amanti

oggi si resta come dopo una corsa senza più strade.

Perchè per tutto ci vuol così tanto?

si muore, perdio, ubriachi di noia,

cuccioli e bastardi sulla via verso casa, hanno riflessi sul pelo e muso basso, ingentiliscono il vicino cerberico che non manca di rinfacciarmi il rumore notturno (entrerei in casa sua in stile malcolm McDowell solo per fargli abbassare lo sguardo e tremare di paura).

Tu dicevi: “hai mani forti, come mai non fai l’attore?”

Io: “Voglio invecchiare lontano da qui, respirare sale di mare e scopare un’attrice” (ma il foulard avvinghiato alle vene del collo non ti rendeva automaticamente isabelle adjani).

La prova del nove è un disegno offuscato di un treno senza stazione, una biella che gira a vuoto, ci sarà da qualche parte sicuramente un prete convinto che la madonna non fosse vergine, una traccia dei miei occhi da ragazzino, impaurito tra le onde salernitane, il calcolo dimostrabile della distanza tra dove sono e dove andrò, una settimana da vivere senza tremare alla vista del postino

“mi allacci il reggiseno, sono stanca”

è un trucco, le talpe lo sanno, non hanno il satellite nei loro rifugi eppure preferiscono il buio a noi che ci guardiamo di spalle partire e tornare, crollare come torri.

Avevo paura non fossero solo le gambe a tremare e il tuo modo di guidare non contribuiva a calmarmi il cuore ma era la curva a forma di rondine delle sopracciglia, la gobbetta del naso o lo smalto chiaro sul volante cupo a sterilizzarmi la traiettoria di ogni mia possibile ruzzolata nelle campagne fuori città,

ma, prego, prega pure, io ti aspettavo a casa lanciando maledizioni a quel tuo dio che ultimamente trovavo anche negli armadi e più lo maledicevo più massaggiava i lobi ed era una prova di coraggio accorciare le lenzuola, fingere che il tramonto non fosse un’invenzione dei fotografi, mi piacevano i tuoi moti di orgoglio e le intemerate risposte presumibilmente efficaci sulla fine dei lavori, tu che eri spaventata anche dal ponte giù a picerno e poi chiudendo gli occhi mi toccava ammettere che eravamo d’accordo solo sul più grande imbroglione della storia, nostradamus, e i miei pianeti sprofondavano nel disinteresse del tuo cielo,

“non è vero che siamo alla fine, tutto si aggiusta, pensi che le piramidi siano rimaste così da allora?”

I cuccioli stanno alzando il muso

nei muri le crepe sono coperte dai gerani,

credo di essere fuori target per quel reality in cui mangiano scarafaggi

(ma vincerei a mani basse),

anche qui piove sempre,

lo so che sei meglio di me.

Lo sei sempre stata.